Il Rock'n'Roll è morto/Part 2

PARTE 2 ... Sperando che su blogger non ci sia un numero massimo di caratteri perché il mio primo pezzo (questo) me lo sono visto tagliare troppo (capita anche nella vita reale...) 

Dicevo,il mondo del rock’n’roll ora si muove attraverso questi canali: serate simili agli appuntamenti al Bilionaire (e so di cosa parlo), vecchi squali della finanza, giovani so-called manager in cerca di materiale umano da rivendere, e loro, i protagonisti, le rockstar.. spaesate, in un mondo non loro, che cercano di stare al passo con i tempi e partecipare a serate sulla linea di quelle della fashion week milanese senza pero’ venire a capo di nulla, salvo poi tornare a casa alle undici di sera, da sole, in taxi, doloranti e stanchi. Perche’ ormai le rockstar sono tutte vecchie, questo e’ un fatto. A parte rare eccezioni. E quelle rare eccezioni non le trovi in questi posti.

Il rock’n’roll e’ malato, agonizzante. Come Steven Tyler all’inaugurazione dello showroom di Andy Hilfiger, sulla Bowery. Uno showroom touch and go, attivita’ aperta per pochi mesi poi richiusa, tipico esempio del mercato fast food odierno. C’era questa inaugurazione superprivata, con un concerto a sorpresa con special guest proprio lui, il leader degli Aerosmith. Quando il “concerto” (tre canzoni) e’ finito, l’ho incrociato in mezzo alla gente. Nessuno lo aveva riconosciuto, fuori dal piccolo palco montato nel basamento dello stabile sulla Bowery, casualita’ proprio di fianco all’ex storico locale CBGB (ora peraltro occupato da uno showroom di John Varvados), ottimo esempio di come siano cambiati i tempi. Se ne stava li, da solo, spaesato e rincoglionito dagli antidolorifici che prendeva per il dolore al ginocchio causato da una caduta dal palco (nella migliore delle ipotesi, solo da questo). Mi ha fatto tenerezza, e questa e’ una cosa strana per una persona, come me, cresciuta a Walk this Way e Toys in the Attic, ma non sarebbe stata ne’ la prima ne’ l’ultima delusione, purtroppo. Non bisognerebbe mai conoscere i propri eroi, diceva qualcuno. Qualcun altro, piu’ drastico, forse Kurt Cobain (una delle ultime VERE rockstar nell’accezione classica del termine) semplicemente diceva Kill Your Idols. In quella circostanza mi sono avvicinato a Steven Tyler e gli ho chiesto se era tutto a posto. Lui lamentava di aver perso la fidanzata. Era visibilmente … scosso, per usare un eufemismo. Due sue figlie erano al piano di sopra a farsi fotografare con altre vecchie glorie piu’ o meno conosciute della scena. 

Spontaneamente l’ho preso sotto braccio, quasi di peso, e portato al piano di sopra, dove si respirava un po’ di piu’. Ci sono voluti almeno 5 minuti prima che una bodyguard si accorgesse che quello che stavo trascinando al piano di sopra era Steven Tyler.. mi si avvicina e mi chiede: “What the hell are you doing?” ed io gli rispondo: “No, dude, what the hell are YOU doing? This is supposed to be YOUR job!”. Arriviamo di sopra, e tutte queste cariatidi del rock lo braccano per farsi una foto insieme da mettere su facebook, con Steven Tyler (ancora lo reggevo, devo avere una foto da qualche parte) che spaesato e stralunato chiedeva disperato a gran voce dove fosse la sua ragazza. Ho saputo che un paio di giorni dopo Steven e’ caduto mentre faceva la doccia e si e’ sbriciolato piu’ o meno tutto. Almeno, lui continua a vivere in maniera rock’n’roll, concediamogli questa attenuante. Al di la’ delle duemila plastiche ed iniezioni di botulino cui anche lui, come praticamente tutti nella vecchia scena rock ormai, si sottopone regolarmente per paura di invecchiare. Poche rockstar sanno invecchiare bene, questo e’ il problema. Quelle degli anni ’50, forse, che ancora, ad 80 anni, vanno in giro per il mondo a suonare e regalare emozioni, come Chuck Berry e tanti altri che si sobbarcano trasvolate oceaniche alla loro eta’ per andare a suonare al Summer Jamboree a Senigallia, patria della scena rockabilly, forse l’unica scena pura ed incontaminata rimasta al mondo. 


... Ovvero non mi posso neanche sballare bene a sentire i cavolo di Aerosmith, mi accollano pure lì qualcuno... Sia pure il cantante.

Non entro nei dettagli di quella che era la vita della rockstar che seguivo io, al momento. Quelle sono informazioni che ho appreso e nonostante la volonta giornalistica di pubblicare tutto (come diceva Lester Bangs: un giornalista non ha amici, le rockstar non saranno mai amiche.. io me ne sono sposata una in erba per ovviare al problema), non mi sento di parlarne, per il momento, in quanto sono mio malgrado o per mia fortuna anche io parte operante in questo mondo, ed ho a che fare con la stessa gente. Si, perche’ un altro lato di questa scena moribonda e’ che le vecchie rockstar, almeno nella scena newyorchese che io ho personalmente conosciuto, sono come una piccola loggia massonica: si frequentano solo tra loro, vanno negli stessi posti tutti insieme, sono unite da questo comune destino e possono sbarrare la strada a potenziali nuovi flussi di giovani rockers che andrebbero a togliergli, a loro avviso, la scena. Interessante vedere come queste giovani band vengano ostacolate e demolite, salvo poi, una volta diventate famose, coccolate e vezzeggiate dalle stesse persone. 

Che magari cercano di scroccare una foto insieme, da pubblicare su Facebook o Twitter (i Social Network hanno fatto impazzire i vecchi mostri sacri del rock, come e’ capitato con i mariti italiani ultraquarantenni, e ne ho vista piu’ di una passare ore incollate a facebook dall’I Phone, quasi peggio di DJ Ringo quando sottopone amici e non ad interminabili sedute di foto facebookiane dei suoi due  chihuahua).


Il mondo rock’n’roll, quello che conta, a settembre va in visibilio per la fashion week newyorchese. Poche settimane prima, tutti gli uffici stampa piu’ o meno improvvisati (le persone che dovrebbero lavorare per la scena musicale sono carne al macello che manco sanno cazzo sia il rock) cercano di accaparrarsi l’invito a questo o quello showroom, per avere modo di farsi fotografare, farsi regalare qualche orologio o capo d’abbigliamento, farsi fotografare, portare a casa un po’ del buffet (abitudine cafona cui non ho mai fatto il callo), farsi fotografare, tornare a casa con la propria macchina parcheggiata a mezzo miglio di distanza, farsi fotografare. Ho visto rockstar mettere in moto tutti i loro contatti per avere un “pass” per entrare nel backstage di eventi musicali o sportivi e farsi una foto con un idolo del momento, per poi (ancora! Diavolo di un Mark Zuckemberg…) pubblicarla su facebook e mostrare a tutti che, loro, ci sono ancora e sono attivi. Il rock’n’roll in fibrillazione per la fashion week. 


Con Glen Matlock dei Sex Pistols. A parlare di Fashion Week.

Ed ecco vecchi punk che cantavano di voler solo sniffare un po’ di colla o di voler provare l’elettroshock (o peggio ancora, di voler morire prima di diventare vecchi), seduti spaesati in un angolo a questi avvenimenti mondani organizzati nei grattacieli di Midtown Manhattan, parcheggiati li’ a scroccare una bottiglia d’acqua San Pellegrino intanto che vari promoter ed improvvisati manager gli decantano le doti di un beverone all’Aloe, di un chewin gum energetico, di una gomma biodegradabile, e gli lasciano il biglietto da visita (in USA anche i senzatetto ormai hanno il biglietto da visita..)


La sera in cui sono andato al concerto di beneficienza di Slash al Best Buy Theatre, ovviamente in prima linea ed in backstage, mi sembrava di stare ad uno degli eventi di Lele Mora (e lo dico non per critica verso Lele Mora, cui sono legato da un’amicizia che va al di la’ delle sbarre in cui e’ rinchiuso). Nel backstage solo succhi di frutta. Eta’ media 50 anni. Niente groupies, manco una birra, niente fans scatenati che cercavano di intrufolarsi. Manco uno che si facesse, che so, una canna!!! Zero. 

Una televisione, aria condizionata, pop corn, gente annoiata. Ma alcuni, quando parlavano, avevano quel retrogusto amaragnolo del Lexotan o dello Xanax, balsamo per le frenesie moderne. Ecco a cosa e’ ridotto il rock’n’roll: ad un sedativo per riuscire a stare con altra gente senza schizzare. Mi e’ sembrata una rimpatriata tra persone che non avevano un cazzo a che fare l’una con l’altra ma per un motivo o l’altro dovevano condividere quello spazio. Avere la possibilita di andare nel backstage di personaggi come Slash, Duff McKagan, Matt Sorum ed altre glorie puo’ sembrare un sogno agli amanti del rock’n’roll, categoria in cui mi annovero ovviamente. Beh, la mia esperienza in tal senso, e di backstage me ne soni fatti tanti, e’ stata un po’ diversa. Ho sorseggiato una bevanda all’Aloe donata da uno degli sponsor, parlato con Duff McKagan di Kick Boxing, parlato con Matt Sorum di paracadutismo e figli, ho lasciato perdere Slash che sembrava l’unico a voler stare per i cazzi suoi, ho fatto anticamera con la ex moglie dell’ex bassista temporaneo dell’ex band famosa (altra peculiarita’ di questi personaggi che gravitano attorno la scena rock mondiale: ti spiattellano in faccia queste credenziali per essere accettati dal gruppo, perche’ li’ tutti sanno i cazzi di tutti e meta’ del loro tempo lo passano a covare vecchi rancori o parlare di persone non presenti), mi sono fatto il concerto dal palco e goduto un assolo di Slash e la magia dei vecchi Guns N Roses. Sul palco, questi ci danno dentro. Questo e’ un fatto. 

E’ fuori, che i conti non tornano. A luci spente, show finito, quando e’ ora di tornare a casa. Mi sono chiesto piu’ volte come debba essere per loro, cercare di tenere il tempo con quanto facevano 40 anni prima ma con il fisico di oggi, cercare una infinita gioventu’ mentre l’orologio biologico continua a scorrere inesorabilmente, cercare di inserirsi ad ogni iniziativa in cui ci sia un qualche fotografo e taggare il proprio nome nei google alert, sperando di trovarsi il giorno dopo in qualche rotocalco on line.

Non credo che la causa di questa situazione sia imputabile direttamente a loro. In mezzo ci sono mogli-vipere che cercano di gestire gli spaesati mariti, schiere di improvvisati producer, manager, press offices, personal assistents che fanno il loro lavoro perche’ parenti o amici o ex parenti di questa o quella persona, lavori che un italiano medio riuscirebbe a fare con la mano sinistra intanto che con la destra si prepara un Daiquiri.

C’e’ una scena rock’n’roll PERCEPITA, ed e’ quella dei grandi concerti, delle folle oceaniche ai festivals rock, dei fans, ed una scena REALE, di vita quotidiana degli stessi personaggi, sospesa nel tempo, in cui si procede ad occhi chiusi a causa del riverbero dei flash e del rumore degli arrampicatori sociali, ottenebrata ed ovattata dagli ansiolitici,  fatta di feste su invito per la presentazione della linea di abbigliamento pinco pallino o della marca di orologi tal dei tali, rimpatriate con vecchi parenti/amici di vecchie glorie, unite ad una forma di nostalgia per un tempo che non c’e’ piu’ ed un frenetico impulso a restare “dentro”, costi quel che costi.

Ma non e’ tutto qui. Questa vuole essere una piccola introduzione a quello che e’ il mio vissuto nel rock’n’roll, scena in cui opero e vivo (per sgombrare il campo da ogni possibile critica: io vivo a New York City, lavoro come bassista con un tipo abbastanza famoso, e al di la’ dell’Oceano, dove la gente ti prende un po’ piu’ sul serio che nel nostro paese, sono considerato un uomo d’affari.. senza scrupoli e con dubbie amicizie, ma sempre un uomo d’affari), un assaggio di quello che e’ il mio punto di vista, forte di vita vissuta, sul panorama musicale rock a livello mondiale, visto da chi quel mondo lo vive quotidianamente. E la mia analisi non risparmia nessuno. 

Se il rock’n’roll sta rantolando, ci sono dei responsabili. Ed e’ ora che questi personaggi, questi meccanismi, queste situazioni, vengano rese note. E’ ora che il re appaia di nuovo nudo. Con la speranza che, ancora una volta, il rock’n’roll sappia ritrovare le proprie radici e ritornare, fiero, incazzato e maleducato come e’ sempre stato, come una schizzata fenice che risorge dalle proprie ceneri per lacerare il mantello di lustrini e pailettes in cui sta versando e, come Iggy Pop in una vecchia foto d’epoca, mostrare finalmente i propri attributi.


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