Il Rock'n'roll è morto - Parte 1
Un blog è qualcosa di personale alla fine. Un posto in cui si dice la verità e non si indora la pillola, perche tanto prima o poi ti sgamano. Quando un po' più' di un lustro fa decisi di mandare a fare in culo il mio lavoro da assistente personale dell'ultimo dei Ramones e la sua band (si, vi ero entrato) ed al contempo tutta la scenetta rock di Milano, non saprei come altro definire i vari DJ RINGO, Andrea Cock e due sfigati che li seguono, che fuori da questo paese non ce la farebbero mai, molti non capirono perchè. Non perché mettessi sullo stesso piano quella ragazza diciottenne americana talento naturale che avevo sposato, ma perchè dopo una full immersion di anni, venni alla conclusione di qui sopra: il Rock'n'Roll era morto. Non avevo più voglia di cercare di abbellire il cadavere. Ora vi sono tornato. Con Michael Graves, già che c'ero. Che almeno è sempre stato uno vero. Ma il resto...
Se non morto, per lo meno agonizzante. Questa, la conclusione cui ero arrivato. Non parlo del rock’n’roll in se, come genere musicale, come collante generazionale che lega milioni di persone ad ogni latitudine del mondo. Non parlo del rock’n’roll delle band italiane o americane (ma la stessa cosa e’ globale) che si fanno il culo sul palco da anni e che cercano di pubblicizzare il proprio prodotto musicale ed il proprio operato con cd, merchandise, contest, sudore e fatica. L’anima pulsante del rock e’ ancora viva, per fortuna, in ogni angolo del mondo, almeno a livello di base. E’ un po’ piu’ in su che iniziano i guai. Lo step superiore. Il mondo delle rockstar. Un mondo ormai agonizzante, il pallido riflesso di un’epoca che fu e che purtroppo piu’ non e’, a causa di tanti fattori: il rammollimento dei vecchi testimoni di questo genere musicale, l’industria della musica con le sue nuove regole e priorita’, il mercato globale che schiaccia sul nascere un potenziale nuovo flusso di band che tanto potrebbero dare alla scena musicale internazionale e restano relegate in piccole sacche di resistenza, quasi un prodotto vintage alla stregua dei vecchi amati vinili. Premetto due cose. La prima, io per fortuna sono l’eccezione che conferma la regola: non scrivo queste pagine per una perversa forma di vendetta nei confronti di un mondo che mi ha accolto ed in cui ho operato con successo, pur andando sempre controcorrente e non amalgamandomi allo status quo vigente. La seconda: lavorando per oltre un anno come assistente personale di una di queste rockstar, un personaggio che ancora attira migliaia di fans soprattutto in Europa e Sud America, ho avuto modo di conoscere di prima persona i personaggi che popolano il variegato panorama rock: vecchie glorie, improvvisati manager di pastafrolla, agenzie musicali corrotte, ex rockstar rammollite.. e sopra tutto questo una patina oleosa di gossip misto a voglia di restare ancorati con tutti se stessi all’ombra del proprio personaggio, come se il tempo fosse stato congelato e questi individui vivessero in una sorta di Twilight Zone fatta di showroom, inaugurazioni di negozi, dubbie partnership con il mondo dell’industria e della moda. Il panorama rock, a livelli di mainstream, e’ agonizzante e, come nel nostro paese andare in pensione e’ una barzelletta ed il ricambio generazionale nel mercato del lavoro e’ ormai un’utopia, cosi nel rock: basti pensare un attimo a quante band VERAMENTE rock abbia sfornato il mercato negli ultimi anni. Band nuove, dico. I White Stripes all’inizio del decennio scorso, forse. I Kings of Leon. I Black Keys. Cos’altro? Ben poca roba. Basti vedere chi sono le band principali dei concerti qua e la’ per il mondo. Da un certo punto di vista mi sembra di essere tornato indietro alla prima meta’ degli anni ’70, momento di riflusso dopo la fantastica ondata fifties prima e sixties dopo. I tempi di Raw Power di Iggy Pop, per dire, quando il rock’n’roll era diventato qualcosa di ripetitivo e monotono e la gente iniziava ad interessarsi alla discomusic ed alla scena dello studio 54, New York City.
... Io sulla tomba di Jim Morrison negli anni '90... Bisogna andare cosi indietro per trovare gli ultimi rigurgiti di Rock'n'Roll? Pare. Se non a Jim, agli anni novanta...
Mi e’ capitato di andarci, allo Studio 54. Ottobre di qualche anno fa, forse. In qualita’ di assistente personale di Marky Ramone, ho accompagnato il mio uomo ad una riapertura speciale del club, un patinato evento patrocinato da una nota radio newyorchese. E’ stato piuttosto triste vedere il red carpet fuori dallo Studio 54. C’era Donald Trump (nota rockstar, dico bene? Non ancora candidato alla presidenza tra l'altro...). Qualche vecchio ricco capitalista in cerca di “nuovi” testimonial per le proprie campagne pubblicitarie. Un paio di volti piu’ o meno noti di Hollywood. Vecchie rockstar. Un bel po’ di troie ed arrampicatori sociali, che per avere l’invito non mi sbilancio su cosa possano avere fatto (blow jobs?). Ed ovunque questa corsa a farsi fotografare, questo affanno nel mostrare di essere ancora nella scena, in quale scena poi non so. Ho dovuto accompagnare due volte il mio assistito a fare su e giu’ per il tappeto rosso, per essere sicuri che venisse fotografato.
... Ce l'ha poi fatta, a farsi fotografare ...
Ed ho avuto rapporti con questa o quella agenzia di stampa che mi chiedeva chi fosse questa o quella persona, molti dei volti segnati dal botox e dagli anni. Veramente uno spettacolo triste, quello andato in scena allo Studio 54. Nella parte centrale del vecchio club, giovani che in qualche modo erano riusciti a procurarsi un invito ballare cercando con la coda dell’occhio questa o quella celebrita’. Al piano di sopra, sul loggione, ed in un prive’, questa accozzaglia di gente che si conosceva di vista o non si conosceva affatto, ma che doveva esserci, li’, a sorseggiare imbarazzati uno champagnino mentre cercavano di intrattenere una qualche forma di conversazione tra di loro per ammazzare la noia. Nel tempo che ritenevano opportuno: seguendo la piu’ classica delle etichette, la cosa meno rock del mondo, i personaggi in questione entravano, facevano passerella, presenza, e se ne andavano. Ci fossero stati i Sex Pistols o gli Who dell’epoca, si sarebbero sbronzati ed avrennero vomitato dal loggione su quelle troiette ed arrampicatori sociali al piano di sotto. Oltre al mio assistito, c’erano Keith Richards, Cameron Diaz, Naomi Campbell, Bar Rafaeli, Carol Alt, Kevin Bacon.. ricordo che con alcuni di loro ho parlato di multe e di polizia, poi mi sono rotto le palle e mi sono andato a sparare un paio di proletarie birre. Avevo gia’ vissuto quel genere di situazioni, ma si trattava della scena gossip milanese, di Lele Mora e della scena dello “spettacolo” italiana. Persone che non si conoscono bere annoiate uno champagnino in attesa di farsi fotografare e tornare a casa. Non credevo che il mainstream Rock’n’Roll avesse qualcosa a che vedere con tutto questo. Quando sono uscito, mi sono andato ad ubriacare: sono andato a piedi (una delle cose belle di NYC) verso la mia seconda casa, il Rodeo Bar tra la 28esima e la terza, dove mi son scolato oneste Budweiser e sparato il concerto di un gruppo country sconosciuto e spaccaculi. Fine Prima Parte
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